L’Africa è considerata il continente natale dell’umanità. Le scoperte fossili e le ricerche genetiche suggeriscono che gli esseri umani moderni, Homo sapiens sapiens, vi siano emersi 200.000 anni, circa, prima dell’anno 0, in particolare, grazie alle risorse naturali abbondanti ed ai paesaggi vari della Rift Valley. Qui sarebbe stata favorita l’evoluzione e la diffusione di quegli ominidi che poi si sarebbero dispersi in tutto il mondo, portando con sé le loro culture e tecnologie.
La storia dell’umanità ha una durata estremamente ridotta in confronto a quella, lunghissima, del pianeta Terra. Sulla sua crosta primitiva, circa 4 miliardi di anni fa, cominciavano a formarsi alcune rocce di tipo continentale, mentre i primi esseri viventi, apparsi circa 2,5 miliardi di anni fa, si trasformavano lentamente da organismi elementari a strutture biologiche via via più complesse. Adattandosi ai cambiamenti dell’ambiente marino e terrestre e ai mutamenti dell’atmosfera e dei climi, seguivano l’evoluzione del pianeta, caratterizzata dall’alternanza fra formazione e distruzione di enormi blocchi di terre emerse.
Terre emerse dalle acque ed in lento e continuo movimento. Le modifiche delle condizioni ambientali provocavano la periodica comparsa, diffusione, crescita, declino e scomparsa di molte specie viventi nel lungo periodo che va da circa 2,5 miliardi a 65 milioni di anni fa, ossia nelle ere del Proterozoico, Paleozoico e, come per i dinosauri, Mesozoico. Successivamente, apparivano i primi ominidi, molto tardi – in relazione ai lunghissimi tempi geologici – circa 20 milioni di anni fa, ma molto presto – in relazione all’inizio della storia, convenzionalmente fatta risalire all’invenzione della scrittura – circa 3.500 anni prima dell’anno 0.
Da quell’anno, convenzionalmente associato alla nascita di Cristo, infatti, il lunghissimo cammino dell’ominazione portava, dopo circa 18 milioni di anni, prima ad Homo habilis, apparso nel Pleistocene, vissuto da circa 2,4 a 1,44 milioni di anni fa e già capace di realizzare e servirsi di strumenti. Poi, attraverso un processo evolutivo svoltosi su quelle croste continentali e simile a quello di tutti gli altri esseri viventi, dopo altri 2 milioni di anni circa compariva Homo sapiens – l’essere umano moderno – vissuto a partire da circa 200.000 anni prima dell’anno 0.
Nel periodo Quaternario – in particolare, nel Pleistocene – , caratterizzato da cinque lunghi periodi di clima molto freddo, tali superfici venivano così ad essere popolate dalle varie specie del genere Homo. Home erectus viveva tra circa 2 milioni e 200.000 anni fa in Africa e in Eurasia, mentre per Homo sapiens neanderthalensis i resti più antichi risalgono a circa 230.000 anni fa. Quest’ultimo, prima di estinguersi, condivideva per qualche millennio lo spazio terrestre con Homo sapiens, il quale, grazie all’ulteriore evoluzione in Homo sapiens sapiens, prendeva in seguito definitivamente possesso della Terra.
Durante tali epoche le calotte glaciali si estendevano fino a rivestire la gran parte di quelli che sono gli attuali continenti. A secondo del maggiore o minore volume assunto dai ghiacciai, inversamente corrispondente al livello del mare e quindi all’immersione o all’emersione delle terre, si liberavano dalle acque grandi pianure costiere. Ed in esse era richiamata la vita vegetale e quella animale, fra cui l’essere umano, che godeva, allora, di un clima simile a quello attuale alle basse latitudini, mentre a latitudini più alte e fredde cominciava ad usare gli indumenti per ripararsi.
Cercando e trovando i rifugi per la notte, la vita in quelle regioni, caratterizzate in prevalenza da estese foreste, era molto difficile, sebbene non proibitiva come a latitudini ancora più elevate e quindi estremamente fredde. Lungo il loro percorso evolutivo, le diverse specie del genere Homo vivevano in modo primitivo, spostandosi e seguendo le migrazioni degli animali che costituivano le loro prede o compiendo esse stesse lunghi movimenti migratori per sfuggire a condizioni climatiche avverse o, nelle praterie ricche di vita animale, al pericolo costituito dalle specie di grossa taglia.
Dopo la prima comparsa in Africa, circa 75.000 anni fa iniziava il cammino dell’uomo verso l’Asia ed una prima colonizzazione delle sue coste meridionali, dall’India al Sud Est asiatico, alla Andamane e alla Malesia. Poi, più consistenti ondate migratorie portavano popolazioni mongole dal Sud Est asiatico in Cina, a nord e in Australia e Nuova Guinea, a sud. Successivamente, da circa 60 a 10.000 anni fa, ossia durante l’ultima glaciazione, definita würmiana, effettuava altre grandi migrazioni per via terrestre, con ondate successive, ancora, verso l’Asia.
Spostandosi da questa verso gli altri continenti, anche per via di mare, popolazioni si dirigevano verso nord lungo le sue coste orientali, mentre altre genti mongole giungevano in Cina settentrionale, in Giappone e nelle regioni del Nord Est asiatico. Ancora, grazie al ponte di terra formatosi tra l’estremità nordorientale dell’Asia e l’Alaska – Ponte di Beringia, l’attuale stretto di Bering – nuovi popoli mongoli raggiungevano l’America, tra circa 50 e 30.000 anni fa. Infine, circa 45.000 anni fa, cominciava il popolamento del Medio Oriente e, tra i 40 e i 35.000 anni fa, quello dell’Europa.
Partner: Amazon.it | Questo Sito web può ricevere guadagni dagli acquisti idonei
Nelle grandi pianure fluviali del Medio Oriente e dell’Asia meridionale e orientale, che si fanno risalire a sole alcune migliaia di anni fa, Homo sapiens sapiens cominciava a diffondersi e creare i primi insediamenti stabili. Durante questo lungo periodo di popolamento della Terra, sviluppava gradualmente la sua capacità intellettive e sensoriali, imparava a dominare e servirsi del fuoco, si organizzava in comunità per procacciarsi il cibo, difendersi o combattere, copriva di graffiti e di pitture le pareti delle caverne in cui aveva trovato rifugio, costruiva utensili e manufatti.
Praticava la caccia, prima singolarmente, poi in gruppo, raccoglieva erbe, radici e frutta e, in tempi più avanzati, imparava a pescare. Nel Paleolitico, in particolare, sviluppava tecniche di controllo delle risorse alimentari, concependo un uso selettivo della selvaggina e della frutta selvatiche per mantenersi in equilibrio con il territorio occupato. Sia pure in un’evoluzione preistorica confinata in riferimenti spaziali circoscritti, già conosceva rituali a vocazione moderna, quali la sepoltura dei defunti, nonché tecniche di limitazione delle nascite, sia pure arcaiche, come l’astinenza sessuale periodica, l’infanticidio o il senilicidio.
Riguardo al suo rapporto con lo spazio abitato, la sua consapevolezza era di natura molto diretta e verso un orizzonte limitato – sebbene più ampio di quello dei sedentari successivi – per la mancanza di una vera e propria attività scientifica di riflessione, non solo, ma anche di semplice catalogazione dell’esperienza fatta. Non ancora nata la scrittura, si limitava ad annotare e conservare memoria solo dell’attività quotidiana e anche la trasmissione orale delle conoscenze geografiche da una generazione all’altra non poteva che essere limitata essenzialmente alle zone di caccia, ai movimenti delle prede e alla presenza dell’acqua.
Del pari, con confini territoriali dei singoli gruppi ben definiti, anche le migrazioni, brevi e stagionali o estese che fossero, richiedendo tempi lunghi per la percorrenza di pochi chilometri, producevano conoscenze geografiche limitate alle necessità di base. Conoscenze che, quindi, non potevano avvantaggiarsi delle esperienze sui percorsi da e verso i luoghi visitati dai lontani antenati nel passato né essere utilmente trasferite alle generazioni successive. Una percezione elementare che ha accompagnato la preistoria dell’uomo per molto tempo, sino alla vera e propria rivoluzione avvenuta nel Neolitico.
Partner: Windy.com