Un viaggio alle origini della filosofia occidentale conduce alla figura di Talete di Mileto e al mondo che lo circondava. In quell’alba del pensiero, il mito e il racconto poetico si intrecciavano ancora alla dimensione divina, ma già prendeva forma un nuovo sguardo, capace di interrogare la realtà con ragione e osservazione. È un cammino che unisce la memoria di radici antiche alla tensione verso l’invisibile, invitando a scoprire come, oltre duemilaseicento anni fa, l’uomo iniziasse a cercare nei fondamenti ultimi della realtà una risposta al mistero dell’esistenza.
Dal mito alla conoscenza
Il sapere mitologico, narrato nella Teogonia di Esiodo tra l’VIII e il VII secolo a.C., nasceva come dono divino, trasmesso dalle Muse che ispiravano il poeta sulle pendici del monte Elicona. Era un sapere che trovava legittimazione nella sfera trascendente e che si serviva dell’uomo come tramite privilegiato. Questa visione rifletteva una civiltà in cui il rapporto con il divino costituiva il fondamento stesso della conoscenza e dell’ordine del mondo. Ogni verità proveniva dagli dèi, e l’uomo non poteva che accoglierla con reverenza, privo della possibilità di metterla in discussione.
Poco dopo, lungo la costa dell’Asia Minore, si andava delineando una nuova modalità di pensiero. Non più la rivelazione dall’alto, ma l’esigenza di comprendere il mondo attraverso le capacità umane: osservazione, ragionamento, confronto di ipotesi. Nacque così una forma di sapere fondata sulla ricerca della verità, che pur non rinnegando le radici mitiche, cominciava a emanciparsi da esse. La filosofia si profilava come uno strumento diverso: un tentativo di dare risposte non più affidate al mito, ma a un’indagine sempre più autonoma e consapevole, che aveva nell’uomo stesso il proprio centro.
L’alba del pensiero filosofico
Considerato l’iniziatore di questo nuovo modo di pensare, Talete nacque a Mileto intorno al 625 a.C. Città cosmopolita e vivace, Mileto era un crocevia di commerci, culture e conoscenze, che offriva il terreno fertile per lo sviluppo di una riflessione innovativa. In questo contesto, Talete inaugurò un approccio che univa razionalità e osservazione della natura, aprendo la strada a un’indagine destinata a segnare l’intera tradizione filosofica. La sua figura divenne presto simbolo di un pensiero capace di radicarsi nel reale senza rinunciare a una tensione verso l’universale.
Non più intermediario di un sapere divino, ma uomo tra gli uomini, Talete indagava la realtà in modo diretto, interrogandosi su ciò che sfuggiva alla comprensione comune. La sua grandezza consisteva proprio in questo: affrontare domande radicali con strumenti accessibili, senza invocare una rivelazione soprannaturale. In lui prende forma per la prima volta il profilo del filosofo come figura distinta dal poeta o dal sacerdote, non portatore di verità rivelate, ma costruttore di percorsi razionali. Una posizione che, pur muovendosi ancora in un orizzonte permeato dal mito, introduceva una svolta epocale.
Arché: il principio originario
Talete elaborò l’idea di un principio originario, l’Arché, da cui tutto trae origine e in cui tutto trova significato. Non era un concetto puramente teorico, ma un fondamento volto a spiegare la realtà in modo unitario. L’Arché era insieme sorgente, senso e ragione ultima delle cose, un punto di partenza che permetteva di ricondurre la molteplicità dei fenomeni a un nucleo essenziale. In questa nozione si condensava una tensione che ancora oggi rimane al cuore della filosofia: la ricerca di ciò che unifica e dà coerenza all’esistenza.
Osservando la natura, Talete individuò nell’acqua il principio primo, capace di generare e sostenere la vita. La sua scelta non derivava dal mito, ma da una riflessione empirica: l’acqua è necessaria a ogni essere vivente, attraversa i cicli della natura e si manifesta in forme diverse, pur restando la stessa. In essa riconobbe una sostanza che include e connette ogni cosa, dando origine a un movimento costante e universale. L’acqua, dunque, non era più elemento mitico, ma simbolo di una dinamica che racchiudeva continuità, trasformazione e vita.
Il ritmo del divenire
Talete riconosceva in questo principio un movimento eterno che precede ogni inizio e va oltre ogni fine. Non esisteva un momento assoluto di creazione, né una conclusione definitiva: la realtà si configurava come un flusso continuo, in cui il sorgere e lo spegnersi delle cose non erano che fasi di una trasformazione incessante. Questa visione spezzava la linearità del tempo mitico e introduceva una concezione ciclica, in cui ogni cosa era legata a un ritmo universale. Il divenire non era più minaccia o disordine, ma manifestazione di una regola profonda che tutto abbraccia.
Sensibile e trascendente si fondevano in un’unica visione, mantenendo l’Arché in una dimensione sacra, ma al tempo stesso radicata nella natura e nell’esperienza umana. In questo modo, la vita non era scissa tra corpo e spirito, ma inscritta in un processo unitario che abbracciava ogni sua fase. Nascita e morte diventavano espressioni diverse di un medesimo movimento, senza soluzione di continuità. Una tale visione anticipava riflessioni che avrebbero attraversato l’intera storia del pensiero, alimentando un dialogo inesauribile alla ricerca di un equilibrio tra immanenza e trascendenza.
L’anima del mondo
Quell’anima vivente si trovava in tutto, anche nelle cose apparentemente inanimate. Un esempio emblematico è il magnete, le cui proprietà Talete fu tra i primi a osservare. La capacità di attrarre e muovere altri corpi rivelava l’esistenza di una forza interna, un principio vitale che animava persino ciò che sembrava privo di vita. In questa intuizione, l’universo appariva come un insieme intrinsecamente dinamico, attraversato da energie invisibili ma reali, forze sottili ma determinanti che annullavano la distinzione netta tra vivente e non vivente.
Il fuoco della conoscenza razionale cominciava così ad ardere in una civiltà ancora intrisa di mito e poesia. La novità consisteva nel fatto che, pur restando impossibile pensarsi del tutto separati dalla divinità, l’uomo iniziava a servirsi di strumenti propri: la filosofia, la matematica, la geometria e l’astronomia. Tali discipline divenivano vie di ricerca autonome, capaci di produrre sapere al di là della tradizione mitica. Era un cambiamento profondo, perché apriva all’idea di un’intelligenza umana in grado di esplorare la realtà con metodo, precisione e fiducia nelle proprie capacità.
Conosci te stesso
Chi padroneggiava questi strumenti non si distingueva più come mediatore del divino, ma come interprete della verità essenziale. Il filosofo assumeva così un ruolo pubblico, partecipando alla vita concreta della comunità. Talete, come altri sapienti del suo tempo, divenne modello di condotta e punto di riferimento per la polis. La sua capacità di ricondurre ogni questione all’essenziale lo rendeva guida pratica oltre che teorica, capace di orientare la vita degli uomini in armonia con un ordine più grande. Nasceva così una nuova funzione sociale della filosofia.
«Qual è la cosa più difficile al mondo?», gli chiesero. «Conosci te stesso», rispose. Questa sentenza, divenuta emblematica, conserva la sua forza non tanto nel significato letterale quanto nella potenza evocativa. Essa rimanda all’esigenza di riconoscere la fonte divina e vitale presente in ciascuno, che può talvolta smarrirsi, ma dalla quale scaturiscono compito e destino. Non si tratta di essere spettatori passivi, bensì co-creatori del movimento della vita, liberi di scegliere come orientarsi. È una sfida che attraversa i secoli e giunge fino a noi, intatta nella sua urgenza.
Dal pensiero di Talete nasce l’avventura della filosofia, il tentativo umano di dare un senso al mondo senza più affidarsi soltanto al mito. Nel suo gesto di cercare nell’acqua l’origine di tutte le cose si cela l’audacia di ricondurre l’infinita varietà del reale a un nucleo essenziale, intuendo un ordine che attraversa ogni cosa. È in questa tensione verso l’universale che risiede la sua grandezza: un lascito che, ancora oggi, invita a contemplare con stupore e domande sempre nuove l’armonia nascosta del cosmo.